©2022 by Elena Iacono
Casamicciola Terme
80074
Italia
archiviosentimentaleterremoto@gmail.com
Stefania, 43 anni.
Abitava a Casamicciola Terme e ora vive a Ischia:
«Dopo il terremoto ho dovuto cambiare casa e adesso vivo in un comune diverso, a Ischia.
Quando c’è stato il terremoto ero in auto sul lungomare di Casamicciola e ho sentito la macchina sobbalzare: ho sospettato che potesse essere una scossa. Dopo qualche metro ho avuto la conferma perché c’è stato un blackout e c’era parecchia confusione in strada. Siamo tornati a casa per vedere cosa fosse successo: nonostante i danni non fossero molto gravi, c’erano soprammobili, piatti e libri riversati a terra. C’erano diverse lesioni in vari ambienti. Abbiamo recuperato il cane che era sotto shock, era rimasto bloccato nel corridoio perché una pila di libri caduti gli aveva sbarrato la strada. È lui che ha sentito davvero il terremoto. Siamo stati il minor tempo possibile in casa e siamo usciti.»
1. Durante la quarantena mi sono trovata, in prima persona, a osservare le pareti bianche della mia casa, scoprendoci cose che non avevo mai notato prima. Erano cose banali, che avevo sempre dato per scontato. È successo anche a te?
«Niente in particolare, sto cercando di sfruttare l'unico spazio aperto che c'è nella casa attuale che è il terrazzo. Apprezzo questo spazio perché mi fa apprezzare la casa che invece non mi piace troppo.»
2. Qual è la tua relazione con lo spazio della tua casa?
«Mi è abbastanza indifferente. non l'ho personalizzata, quindi l'ho come casa temporanea.»
5. Come rendi tuo lo spazio che ti circonda?
«La mancanza di spazi utili ha condizionato il fatto di personalizzarli, perché non ci si può mettere niente di proprio. E poi c'è il fatto della temporaneità: essendo una casa temporanea sembra sempre che la devi lasciare. Certe cose uno le ha dovute fare per forza, perché sono passati quattro anni e quindi alla fine un po’ di personalizzazione c'è dovuta stare per forza. Però diciamo che il fatto della temporaneità incide.»
3. Senti di vivere abbastanza intensamente la tua casa?
«No.»
4. Ti senti custode dello spazio che abiti? Perché?
«No, non tanto. È abbastanza indifferente. Anche se si rompe qualcosa non mi interessa più di tanto. Ovviamente la tengo come casa, nel senso che la pulisco. L'ambiente deve essere un bell'ambiente, quindi non è che la trascuro.»
«Sceglierei sempre l’esterno perché all’interno un posto vale l'altro. Se dovessi scegliere per forza l'interno sceglierei la cucina, perché è più importante delle altre stanze, non solo perché si cucina ma perché ci si sta meglio.»
6. Quali sono i punti cardinali di casa tua?
«Qualcosa ho cercato di trasportarlo. Però nuovo ambiente, nuove posizioni, nuove situazioni: si devono per forza creare nuove abitudini. Diciamo che ho cercato il trasformare le vecchie abitudini in base alla casa, quindi ho creato nuove abitudini di conseguenza. Dove tenere le cose, come conservare le cose. Ho dovuto per forza modificare le cose in base agli spazi della nuova casa, però il principio è quello della vecchia abitudine. [...] essendoci meno spazio uno cerca di mantenere un certo ordine e se non ci sono posti per conservare le cose uno cerca di creare nuovi spazi per conservarli, anche se è stato difficile. Come cose non pratiche [è cambiato] il modo di stare in casa: quando uno non ha niente da fare non essendoci una stanza comoda, uno non sa dove mettersi. D’estate me ne vado sul terrazzo se voglio perdere tempo. Invece di stare sul divano in soggiorno, me ne vado sul terrazzo.»
8. Ti sei creata/o delle nuove abitudini/rituali da quando sei nella tua nuova casa o hai trasportato quelle vecchie nel nuovo spazio?
13. Cos’hai scoperto della tua casa da quando la abiti? Hai trovato delle storie che non ti appartenevano, di qualcun altro?
«No, niente in maniera particolare. Anche se ci sono oggetti vecchi usati da altre persone, non mi sono mai soffermato a pensare troppo a qualche storia legata agli oggetti.»
10. Cosa dimentichi, ignori o dai per scontato più spesso nello spazio in cui abiti?
«Sotto l’aspetto di ignorare delle cose no. No, perché io sono un’osservatrice, quindi anche se entro in uno spazio per 5 minuti so cosa c'è in quello spazio. Non ci sono cose che non ho visto.»
9. Se potessi sintetizzare con un qualsiasi suono, verso o melodia il tuo modo di abitare, quale sarebbe? Sapresti anche darmi una spiegazione?
«Forse una canzone un po’ malinconica… ma no, non è il termine giusto, non lo so.»
11. Riesci a camminare al buio nella tua nuova casa?
«Sì, sì, per natura ci riesco da facilmente. Anche in posti che non conosco, quindi si, ci riesco.»
«In generale mi piacciono gli angoli del soggiorno per come sono arredati. Quindi sceglierei l'angolo tra il balcone e la finestra, dove c’è una pianta.»
7. Se dovessi scegliere un angolo, inteso come punto in cui due muri si incontrano, quale sceglieresti? Perché?
14. Posso inviarti una foto su Whatsapp? L’ho scattata un anno dopo il terremoto al Maio, nel negozio di ceramiche Kèramos dove andavo spesso da bambina. Per me questa foto rappresenta il terremoto, nelle sue parti negative e in quelle positive. C’è un punto della tua casa, vecchia o nuova, che ti ricorda più volte l’esperienza del terremoto? Se ti va potresti scattare e inviarmi una foto di questa stanza?
«Non è che mi devo ricordare di essere terremotata. La nuova [casa] non è casa mia, quindi me lo ricordo in questo senso. Tutta la casa mi ricorda che sono terremotata. Ti faccio una foto alla muffa.»
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