Modellazione fotografica è un laboratorio svoltosi nel 2018 grazie alla
partecipazione di nove persone che avevano perso la casa dopo il sisma di
Ischia. L'attività consisteva in una decostruzione e una
costruzione a partire da fotografie che rappresentavano edifici e dettagli
presenti nella zona rossa di Casamicciola Terme. Ogni partecipante ha scelto
una foto e attraverso strappi, ferite e accartocciamenti ha simulato
l’esperienza del sisma sulla stampa. Successivamente ognuno ha ricomposto la
fotografia a modo proprio, in base alle speranze riposte nei confronti di una
ricostruzione ideale. Il risultato del progetto comprende le nuove
immagini prodotte dai partecipanti.
Le immagini permettono di raccontare e ricordare con immediatezza il mondo. La loro giustapposizione crea un processo interpretativo e aperto, nel quale le immagini del passato prendono e riprendono vita, in contesti sempre differenti, nel susseguirsi degli anni e dei secoli. Le immagini hanno una propria vita e vivono in ognuno di noi: sopravvivono al tempo, trasformandosi e modificandosi in una dialettica continua tra conscio e inconscio.
Partendo dal nesso fotografia-memoria, nel 2018, si è voluto proporre un’esperienza post terremoto. La memoria delle immagini ritorna. Perché, quindi, non usare le immagini per non far sparire la memoria ma, anzi, appropriarsene in maniera più completa?
Di seguito si presentano i lavori dei partecipanti al laboratorio.
Sulla sinistra c'è la fotografia dalla quale ognuno è partito mentre sulla destra c'è la nuova immagine modellata*.La pratica sperimentata aveva come scopo quello di riportare i partecipanti indietro nel tempo all'esperienza del terremoto, per poi liberarli tramite una sorta di propria ricostruzione ideale: per questo motivo le fasi del laboratorio comprendevano una decostruzione e una ricomposizione delle immagini.
Tramite la prima operazione, con la rottura concreta della fotografia, sono stati simulati i danni del sisma: tagli, aperture e ferite nella carta. A seguire si è proceduto con la ricostruzione della foto in maniera libera e personale, con l'utilizzo di vari strumenti scelti dai partecipanti.
*per quanto riguarda la versione smartphone, le fotografie originali sono in alto e quelle ricomposte dai partecipanti si trovano in basso rispetto a quelle di partenza.
La sua casa dopo il sisma era diventata un cumulo di pietre e lui immagina che sotto tutti quei detriti i ricordi della sua vita passata siano impilati come quelli della fotografia che ha scelto. Leonardo non ha mai avuto la possibilità di poter rivedere le proprie cose e questa foto rappresenta il suo stato d’animo: si sente a pezzi e per lui ci sono troppe cose, troppi ricordi ed emozioni uno sopra l’altro che non riesce a mettere in ordine. Nella sua composizione Leonardo ha aggiunto due figure che rappresentano se stesso. Sulla destra c’è un bambino che con una mano poggia un ricordo sull’altro, costruendosi la propria vita e i propri momenti. Dall’altro lato, sulla sinistra, vediamo lo stesso bambino che è cresciuto e, seppur con il viso crepato, assiste a ciò che ha costruito da piccolo, sforzandosi di vedere i bei momenti passati nella sua casa e sapendo che probabilmente non potrà più riavere quei ricordi indietro. C’è il rammarico di non poter raccontare concretamente un domani, ai propri figli, il suo passata ma ciò non toglie il fatto che restino i bei ricordi. Leonardo compie la sua ricostruzione nel passato e nel presente, non verso il futuro. La sua nuova composizione si è rimpicciolita perché ha voluto mettere a fuoco la finestra, simile a quella di casa sua dalla quale guardava il bello che c’era.
Ogni partecipante
dell’esperimento ha potuto rivivere l’evento traumatico del
proprio passato e ricostruire il danno fatto, riappropriandosi, anche solo per
un momento, della propria condizione. Ognuno ha il proprio modo di percepire lo
spazio e, quindi, anche la propria metodologia di ricomposizione della foto.
Dopo la manipolazione dei partecipanti le nuove fotografie appaiono
completamente mutate e, talvolta, del tutto irriconoscibili rispetto
all’originale.
A cambiare è, per prima cosa, lo spazio dell’immagine: le foto originali erano tutte verticali e alla maggior parte di esse è stata data una nuova vita
in orizzontale. Altre foto, apparentemente senza forma, conservano una propria
e nuova dimensione, inizialmente chiara solo nella mente di chi le ha ricreate.
Ascoltare le motivazioni e i sensi relativi alla formazione della nuova
fotografia risulta illuminante: azioni che da un lato appaiono senza
significato o del tutto casuali, hanno una valenza ben precisa.
Quando si
ascoltano le parole di chi ha ricreato la fotografia, ci si immedesima
nell’operato di chi le ha svolte che, di punto in bianco, acquista un valore
pregno di nuovi sensi ben comprensibili. A modificarsi è anche l’integrità
dell’immagine: una foto unica acquista, grazie alla propria scomposizione e
ricomposizione, una continuità inaspettata. Il risultato del rimembrare si
manifesta in tutta la sua potenza e con una nuova veste perché ci si rende
conto che anche ciò che è rotto o danneggiato può essere ricomposto.
Questo ricongiungimento è possibile grazie all’utilizzo complementare di logica e creatività: ciò che razionalmente non era possibile diviene attuabile grazie all’intelligenza creativa, troppo spesso sottovalutata.
Nella prima parte dell’esperienza, quella in cui si strappano le immagini, possiamo notare l’impulsività del gesto che ben si accorda con la sensazione che porta con sé e in sé un sisma. La seconda parte, nonostante possa apparire come una continuazione dell’immediatezza precedentemente utilizzata, è ben diversa. Si parte da una genuinità e una naturalezza d’espressione per poi acquistare, man mano, sempre maggiori consapevolezze. Il partecipante, ben presto, si accorge che ogni suo movimento e spostamento, ogni sua aggiunta o rimozione è in realtà la concretizzazione di un pensiero complesso, ben ragionato ed elaborato.
È proprio la scoperta di questi pensieri articolati ad arricchire chi effettua l’esperienza. La risorsa vera e propria si scopre dentro di sé in un connubio di sensazioni difficilmente accettabili in maniera razionale. Si trova la capacità di affrontare l’esperienza del terremoto, riuscendo a centrare l’attenzione sulle problematiche che più ci colpiscono: si scopre, o riscopre, la consapevolezza. Si trova la forza per parlare dei momenti traumatici del sisma, riuscendo a porre nuove prospettive e nuovi desideri per una possibile ricostruzione: si scopre, o si riscopre, la speranza.