©2022 by Elena Iacono
Casamicciola Terme
80074
Italia
archiviosentimentaleterremoto@gmail.com
Giuliana, 30 anni.
Abitava e abita a Casamicciola Terme, ma in una nuova casa:
«Io sono con mia mamma e mio padre, abito con loro, quindi mi sono adattata alle loro esigenze. Mio padre non si è voluto spostare di molto. Siamo comunque in Zona Maio alta, ti devi quasi arrampicare per arrivarci. Ho dovuto cambiare anche macchina, ho comprato una quattro per quattro per salire e per tornare più facilmente a casa.»
«Quando c’è stato il terremoto ero in casa, eravamo tutti in casa. Io ero in cucina sul divano, mia mamma era in cucina al lavello, mio padre nella sua stanza, dove c'era il caminetto e mia sorella in camera sua. Eravamo tutti e quattro in casa, mai successo! Di solito ognuno rientra a orari diversi, è stato un caso che siamo rientrati tutti insieme. Dovevamo capirlo subito che c’era qualcosa che non andava.»
1. Durante la quarantena mi sono trovata, in prima persona, a osservare le pareti bianche della mia casa, scoprendoci cose che non avevo mai notato prima. Erano cose banali, che avevo sempre dato per scontato. È successo anche a te?
«In realtà no, perché non la sento mia comunque la sento una cosa precaria. È una casa, ci vivo dentro, però non è che la vivo a pieno. Durante il lockdown sicuramente sono stata costretta dentro casa, però lavorando in uno studio di consulenza del lavoro, abbiamo comunque lavorato e non mi sono posta più di tanto il problema. A casa mia dove abitavo prima del terremoto, avevo una camera mia per cui mi chiudevo nella mia stanza e avevo la mia privacy. Durante il lockdown qui si è trasferita a mia sorella con il fidanzato e gli ho ceduto la mia stanza, per cui anche lavorare è stato più complicato. Se fossi stata a casa mia sarei stata sicuramente più a mio agio, però la casa non mi appartiene, per cui non noto niente, cioè noto che è una casa. Ci vivo, però più di questo non c'è niente che mi entusiasmi.»
3. Senti di vivere abbastanza intensamente la tua casa?
«No, nel senso che la vivo come una cosa precaria e spero di tornare nella mia di casa o comunque di prendere un appartamento da sola, per cui la vedo come un luogo momentaneo. Non ho nessun tipo di rapporto, cioè torno da lavoro, ci dormo perché comunque ho bisogno di un luogo dove dormire, dove fare le mie cose. Però non la vivo come una casa mia. È come se fossi in una sorta di precarietà e ti dici: “Prima o poi si tornerà alla normalità.”, ma la vedo ancora molto lontana.”»
4. Ti senti custode dello spazio che abiti? Perché?
«Non lo sento uno spazio mio. L'altra è la casa dove sono cresciuta e sono stata obbligata a lasciarla. Non è come quando tu decidi di cambiare casa, vai a convivere o decidi di vivere da sola, quella è una scelta tua. Il fatto che sono stata trascinata via e obbligata non mi piace. Non la vedo come una casa: ci devo stare e ci sto, punto.»
5. Come rendi tuo lo spazio che ti circonda?
«Non ho personalizzato la casa. Mi sono adattata a quello che ci ho trovato, non ho appeso nulla. C'è stata una piccola parentesi in cui c'è stato il mio fidanzato qui e lui ha appeso qualcosa di suo in camera. Io no, non l'ho personalizzata, non c'è nulla. Ho messo delle foto sul comodino, ma erano foto che avevo a casa e non sapendo dove metterle le ho messe sulla scrivania. Però in realtà non è stato voluto, non ho preso niente, non ho personalizzato la camera. In realtà anche nella camera di casa mia non avevo mai messo quadretti, non mi appartiene, mi piace più un ambiente asettico.»
8. Ti sei creata/o delle nuove abitudini/rituali da quando sei nella tua nuova casa o hai trasportato quelle vecchie nel nuovo spazio?
«Ho trasportato i vecchi [rituali] nel nuovo spazio, cioè il fatto di chiudermi in camera per stare da sola. Lo faccio ancora e la mia stanza è la più grande. Ho delle abitudini che fanno parte di me, quindi non dipendono dall'ambiente in cui vivo. Mi piace chiudermi in camera perché mi piace la mia privacy. A casa ora siamo più una comunità, prima ero più sulle mie e vivevo più in camera, adesso utilizzo di più gli spazi comuni. Prima mangiavo e mi chiudevo dentro la mia stanza, era difficile che mi mettevo sul divano a guardare la TV. Preferivo andare in camera, magari con il computer e se veniva una mia sorella in camera ci guardavamo una cosa insieme, però non utilizzavo tanto gli spazi comuni, mi piaceva più stare nella mia stanza a fare le mie cose. Invece adesso mi siedo sul divano, chiacchiero e utilizzo di più gli spazi comuni. Anche per lavorare utilizzo la cucina, prima non la utilizzavo mai, andavo sempre in camera mia. Questo è negativo perché a casa mia mi sentivo più a mio agio nella mia stanza, quindi facevo più cose, mi piaceva il silenzio che aveva la mia stanza e mi concentravo di più. Poi quando volevo fare pausa magari andavo degli spazi comuni. Invece adesso non mi trovo a mio agio nella mia stanza, anche se comunque ci sto parecchio. Andando in cucina c'è il viavai, la confusione. Lo vivo in modo più negativo, preferivo stare nella mia stanza: ci passo tanto tempo comunque quando sto in casa però non come prima. A lavorare non mi trovo a stare chiusa in camera e quindi vado in cucina.»
6. Quali sono i punti cardinali di casa tua?
«La cucina. Sto più con mia mamma così.»
7. Se dovessi scegliere un angolo, inteso come punto in cui due muri si incontrano, quale sceglieresti? Perché?
«Quello vicino al caminetto, nel salotto: è accogliente e fa a casa.»
10. Cosa dimentichi, ignori o dai per scontato più spesso nello spazio in cui abiti?
«Do per scontato che ci sia una casa, ma non è scontato che ci sia. Comunque è accogliente e ci sono le persone che ci devono essere. Non è scontato avere due genitori con cui condividere le cose, non è da tutti. Magari non tutti hanno trovato una casa dopo il terremoto, magari c'è la gente che è stata in un albergo: avere una casa non è una cosa scontata. Avere un tetto sulla testa: questo lo do per scontato però in realtà sono stata molto fortunata.»
9. Se potessi sintetizzare con un qualsiasi suono, verso o melodia il tuo modo di abitare, quale sarebbe? Sapresti anche darmi una spiegazione?
«Uno stridulo o un fischio, come quello che fa il treno. Penso che sia una sorta di fastidio. Se ci penso, non vorrei essere qui, vorrei essere da un'altra parte per cui forse è per quello che ho pensato ad un suono stridulo.»
14. Posso inviarti una foto su Whatsapp? L’ho scattata un anno dopo il terremoto al Maio, nel negozio di ceramiche Kèramos dove andavo spesso da bambina. Per me questa foto rappresenta il terremoto, nelle sue parti negative e in quelle positive. C’è un punto della tua casa, vecchia o nuova, che ti ricorda più volte l’esperienza del terremoto? Se ti va potresti scattare e inviarmi una foto di questa stanza?
«Sì, quando salgo le scale, perché comunque sono la parte più rovinata e anche perché [quando c'è stato il terremoto] abbiamo fatto le scale per uscire, al buio, per cui magari è per questo che è la parte che me lo rievoca di più. Poi comunque se apro la porta non c’è più il lampadario. L'impatto è quello, quando entro me lo ricorda. Non mi fa piacere andarci [nella casa terremotata], vado ad accompagnare qualcuno se magari gli serve qualcosa. Non ci vado con piacere.»
Fuori programma
«Ho cercato di concentrarmi su quello che ho, non su quello che non ho: sul lavoro, sul mio fidanzato, sulla mia famiglia. Ho cercato di non pensare alla parte materiale, anche se una casa non è solo materia. Ho cercato di focalizzarmi sugli aspetti positivi e non su quelli negativi. Sono diversa rispetto al prima del terremoto: non sono né più felice né più triste ma ho preso più consapevolezza delle cose. Prima ero più materiale e davo per scontato delle cose, come la casa. Mi rendevo conto che c'erano anche persone che non avevano una casa, però la davo parecchio per scontato e invece adesso no, adesso so che non è più una cosa scontata. Inizio ad apprezzare di più il fatto che uno stia in famiglia, in Comunità. Mia sorella dice sempre: “La casa non è il luogo dove vivi, ma quella con chi sei”. In realtà è così e adesso ne ho preso consapevolezza. Prima lo sapevo ma non lo sapevo. Ad esempio prima ero molto gelosa della mia stanza ma adesso mi sono abituata, sono meno rigida da questo punto di vista, anche se caratterialmente mi è rimasto perché fa parte di me. Però adesso sono più libera, se c’è qualcuno nella mia stanza non mi pesa invece prima mi iniziava a pesare perché ho bisogno dei miei spazi. Ho capito che lo spazio è importante ma non così importante, è più importante condividerlo con gli altri.»
«Stare ancora a Casamicciola per me è indifferente, qualsiasi posto andava bene. Non ho paura, oddio, non lo so se non ho paura… ma mi sono abituata all'idea che [il terremoto] possa ritornare.»
©2022 by Elena Iacono
Casamicciola Terme
80074
Italia
archiviosentimentaleterremoto@gmail.com