©2022 by Elena Iacono

Casamicciola Terme

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Italia

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ELENA

Elena, 25 anni.
Abitava a Casamicciola Terme e ora vive a Ischia:

«Dopo il terremoto siamo stati per un po’ di tempo a casa di una lontana parente, a Cartaromana, una zona di Ischia. Poco dopo abbiamo trovato una sistemazione permanente a Ischia, in una casa in affitto.»

«Durante il terremoto non ero a casa, ma a lavoro a Ischia. Ricordo che ero in un piccolo sgabuzzino sul retro del negozio dove lavoravo. Tutto ha cominciato a vibrare e a tremare, poi si sono spente le luci. Sono rimasta pietrificata per qualche frazione di secondo che mi è sembrata una vita. Mi sento in colpa e mi pento un po’ della mia reazione perché ho paura che se dovesse capitare nuovamente, anche peggio, io rimarrei bloccata e non troverei la forza di agire e salvarmi. Subito dopo sono corsa fuori, nel corso principale di Ischia dove tutti i lavoratori e i turisti si erano riversati in strada. […] mi sono iniziata a preoccupare per la mia famiglia che credevo fosse a casa a Casamicciola e per mia sorella, che lavorava in un ristorante a Lacco Ameno. Ho provato a chiamarli ma le linee telefoniche sono state fuori uso per un po’. Poco dopo ho saputo che stavano bene.»

1. Durante la quarantena mi sono trovata, in prima persona, a osservare le pareti bianche della mia casa, scoprendoci cose che non avevo mai notato prima. Erano cose banali, che avevo sempre dato per scontato. È successo anche a te?

 
«
Si. Le pareti bianche sono state la mia più grande fonte di immaginazione e ispirazione in quei primi giorni. Ero così infastidita dallo stare in quella casa che ho cercato delle modalità per sopravvivere bene. Ho scoperto che c’erano cose mai viste e a loro modo belle, un po’ovunque. È stata una situazione che mi ha permesso di vivere leggermente meglio la quarantena ma soprattutto di rivalutare lo spazio in cui vivevo. Prima di allora non lo avevo mai voluto osservare.»

2.     Qual è la tua relazione con lo spazio della tua casa?

«È una relazione complicata. Inizialmente la ignoravo, non mi importava più di tanto, forse perché il dolore era ancora troppo fresco. Dopo ha iniziato a migliorare e man mano l’ho iniziata a sentire più vicina al concetto di casa. Purtroppo ci sono tante cose che non mi piacciono, perché non sono modificabili. Spesso è come se sentissi il bisogno di aria e privacy, che non ho. La casa è molto piccola e per me chiudere una porta non significa avere il mio spazio. Proprio per questa mancanza di privacy in casa è diventato tutto più condiviso, anche l’intimità che si vorrebbe ma non si ha. Per tanto tempo, e ancora oggi, ho avuto difficoltà a chiudere la porta perché per me significava, in maniera abbastanza esplicita, far sapere al resto della famiglia che volevo stare sola e chiuderli fuori. A volte sembra che tutto debba essere comunicato e chiesto, a volte sento che mi manca la libertà e questo mi genera paranoie e sensi di colpa. Oltre a questi aspetti più negativi, la casa è in un luogo che trovo magnifico. Vedo il mare, che non vedevo da casa mia, e vedo una piccola porzione di montagna che sebbene sia diversa da quella di casa me la ricorda ancora. È come se la montagna mi abbia seguita e mi sti ancora proteggendo. È in un posto abbastanza centrale, anche se molto scomodo perché non è raggiungibile in auto ma solo a piedi.»

5. Come rendi tuo lo spazio che ti circonda?

«Mi ricordo che la prima cosa che ho fatto non appena ho messo piede in casa è stata sistemare su uno scaffale della libreria che ho in camera tante “cianfrusaglie”, come direbbe mio padre. La prima cosa che ho messo è stata la collezione di pietre, quasi tutta di mia sorella e in parte anche mia. Volevo sentirmi protetta e volevo dare gioia e forza anche a mia sorella, con la quale condividevo e condivido tuttora anche la nuova camera.»

«I punti cardiali di casa mia sono la cucina e la mia stanza, per lo più. La cucina è luogo che amo, specialmente quando pranzo con mio padre con il quale parlo davvero tanto o con il resto della famiglia. La camera invece perché è un luogo che vivo molto. Vorrei anche che il terrazzo fosse un mio punto cardinale, ma non credo che lo sia in realtà.»

6. Quali sono i punti cardinali di casa tua?

7. Se dovessi scegliere un angolo , inteso come punto in cui due muri si incontrano, quale sceglieresti? Perché?


«Un angolo tra il corridoio e la cucina. Quando ero in quarantena e ho cominciato a vedere la casa ho fotografato quell’angolo. Non ho mai visto così tanta bellezza in un angolo e la luce che batteva all’ora della foto era gentile e delicata. Come una carezza.»

3. Senti di vivere abbastanza intensamente la tua casa?

«È difficile dirlo. Direi che la vivo in modo profondo, nei momenti belli e in quelli in cui sono abbattuta. Sicuramente a volte ho difficoltà a viverla perché vivo anche a Napoli, come fuori sede. Solitamente sono a Ischia ogni weekend.»

4. Ti senti custode dello spazio che abiti? Perché?

«Mi sento sentimentalmente custode della casa perché so che è un posto che mi ha cambiato la vita e in cui c’è la mia famiglia. Vorrei fare di più per renderla più bella, perché credo che ogni posto abbia il potenziale per diventare, anche nelle parti più materiali, il tuo posto. Però non è possibile, la casa non è nostra e fare modifiche o cambi a volte appare impossibile.»

9. Se potessi sintetizzare con un qualsiasi suono, verso o melodia il tuo modo di abitare, quale sarebbe? Sapresti anche darmi una spiegazione?

«Credo che sarebbe simile al rumore di passi che ti seguono. Non so bene il perché, mi è venuto in mente. Forse è la condizione con la quale la vivo, ovvero a piccole dosi, a piccoli passi silenziosi. Forse però è anche una condizione di disagio che provo. Quando sono giù di morale anche l’ambiente circostante mi sembra ostile e forse è questo che intendo con il rumore dei passi che seguono. È allo stesso momento una cosa delicata e violenta, probabilmente è una dualità che percepisco nel mio modo di vivere.»

10. Cosa dimentichi, ignori o dai per scontato più spesso nello spazio in cui abiti?

«Gli interruttori della luce e le macchioline sul pavimento che è scrostato. Uso tutto il tempo e tutti i giorni gli interruttori, ma solo se non ci fossero me ne accorgerei, nonostante il grande lavoro che fanno per me. Le scrostature del pavimento le dimentico ogni volta e puntualmente, quando lavo a terra, mi chiedo se siano sempre le stesse o se se ne siano aggiunte di nuove.»


«Ci sono delle cose che sono sicuramente cambiate, anche le più banali. Nella mia vita i rituali sono molto importanti. Ad esempio ho sempre avuto un modo preciso di mangiare i melograni. Nella nuova casa lo faccio lo stesso, ma con qualche cambiamento: non lo mangio più sul divano ma a tavola. Ora ogni sera vado a portare il cane a passeggio, cosa che non succedeva nella vecchia casa perché avevamo un grande cortile. Credo che comunque le abitudini che ho siano una sorta di compromesso tra il nuovo e il vecchio.»

8. Ti sei creata/o delle nuove abitudini/rituali da quando sei nella tua nuova casa o hai trasportato quelle vecchie nel nuovo spazio?

13. Cos’hai scoperto della tua casa da quando la abiti? Hai trovato delle storie che non ti appartenevano, di qualcun altro?

«Osservando delle pareti nel soggiorno mi sono resa conto di alcuni cambi di tonalità nella pittura dei muri. Erano tutti in corrispondenza di chiodi vuoti. Osservando bene apparivano delle forme: rettangoli, quadrati e ovali più chiari e “puliti” sotto al chiodo. In quel momento ho realizzato che prima, chissà quanto tempo prima, per molto tempo lì c’erano stati dei quadretti. Mi sono chiesta di chi fossero e cosa ci fosse raffigurato, visto che si erano portati via quelli e ne avevano lasciati molti altri. In quel momento ho sentito una forte emozione dentro, come se fossi partecipe dello svelamento di un mistero preistorico o di qualcosa che ora solo la storia sa. Mi sono sentita presente nella vita di qualcuno che non conosco.»

11. Riesci a camminare al buio nella tua nuova casa?

«Sì, ma non lo faccio praticamente mai. Anche se non voglio accendere le luci della stanza utilizzo la torcia del cellulare. La luce mi serve per due ragioni: sono molto disattenta a volte quando mi muovo, quindi ho bisogno della luce per non sbattere, poi sono davvero fifona, da sempre. Una cosa che mi rende serena è che mentre nella vecchia casa ho sempre avuto paura di rimanere da sola e al buio, in questa ho un po’meno timori. Non sono sicura del perché, forse riguarda le proiezioni che vi ho inserito dentro e il fatto che sia cresciuta, con le mie paure per il paranormale, in quella casa. Forse ora sono più grande e le sto un po’ abbandonando, anche se a volte tornano a trovarmi.»

14. Posso inviarti una foto su Whatsapp? L’ho scattata un anno dopo il terremoto al Maio, nel negozio di ceramiche Kèramos dove andavo spesso da bambina. Per me questa foto rappresenta il terremoto, nelle sue parti negative e in quelle positive. C’è un punto della tua casa, vecchia o nuova, che ti ricorda più volte l’esperienza del terremoto? Se ti va potresti scattare e inviarmi una foto di questa stanza?

«Credo che ci siano due punti della mia nuova casa che mi ricordano il terremoto. Uno è negativo ed è la colonna che regge l’architrave sopra il cancello di casa. È completamente crepata, crepe profonde che mi fanno pensare che prima o poi esploderà e cederà, uccidendo me o qualcuno nella mia famiglia. L’altro punto è positivo ed è sempre una crepa nel muro del terrazzo. Quasi sempre su questa crepa ci si mettono delle lumachine col guscio. Loro abitano la crepa o la riparano con la loro presenza e tutto questo mi fa sorridere.»

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