Elena, 25 anni.
Abitava a
Casamicciola Terme e ora vive a Ischia:
«Dopo il terremoto siamo stati per un po’ di tempo a casa di una lontana parente, a Cartaromana, una zona di Ischia. Poco dopo abbiamo trovato una sistemazione permanente a Ischia, in una casa in affitto.»
«Durante il terremoto non ero a casa, ma a lavoro a Ischia. Ricordo che ero in un piccolo sgabuzzino sul retro del negozio dove lavoravo. Tutto ha cominciato a vibrare e a tremare, poi si sono spente le luci. Sono rimasta pietrificata per qualche frazione di secondo che mi è sembrata una vita. Mi sento in colpa e mi pento un po’ della mia reazione perché ho paura che se dovesse capitare nuovamente, anche peggio, io rimarrei bloccata e non troverei la forza di agire e salvarmi. Subito dopo sono corsa fuori, nel corso principale di Ischia dove tutti i lavoratori e i turisti si erano riversati in strada. […] mi sono iniziata a preoccupare per la mia famiglia che credevo fosse a casa a Casamicciola e per mia sorella, che lavorava in un ristorante a Lacco Ameno. Ho provato a chiamarli ma le linee telefoniche sono state fuori uso per un po’. Poco dopo ho saputo che stavano bene.»
2. Qual è la tua relazione con lo spazio della tua casa?
«È una relazione complicata. Inizialmente la ignoravo, non mi importava più di tanto, forse perché il dolore era ancora troppo fresco. Dopo ha iniziato a migliorare e man mano l’ho iniziata a sentire più vicina al concetto di casa. Purtroppo ci sono tante cose che non mi piacciono, perché non sono modificabili. Spesso è come se sentissi il bisogno di aria e privacy, che non ho. La casa è molto piccola e per me chiudere una porta non significa avere il mio spazio. Proprio per questa mancanza di privacy in casa è diventato tutto più condiviso, anche l’intimità che si vorrebbe ma non si ha. Per tanto tempo, e ancora oggi, ho avuto difficoltà a chiudere la porta perché per me significava, in maniera abbastanza esplicita, far sapere al resto della famiglia che volevo stare sola e chiuderli fuori. A volte sembra che tutto debba essere comunicato e chiesto, a volte sento che mi manca la libertà e questo mi genera paranoie e sensi di colpa. Oltre a questi aspetti più negativi, la casa è in un luogo che trovo magnifico. Vedo il mare, che non vedevo da casa mia, e vedo una piccola porzione di montagna che sebbene sia diversa da quella di casa me la ricorda ancora. È come se la montagna mi abbia seguita e mi sti ancora proteggendo. È in un posto abbastanza centrale, anche se molto scomodo perché non è raggiungibile in auto ma solo a piedi.»
«Mi ricordo che la prima cosa che ho fatto non appena ho messo piede in casa è stata sistemare su uno scaffale della libreria che ho in camera tante “cianfrusaglie”, come direbbe mio padre. La prima cosa che ho messo è stata la collezione di pietre, quasi tutta di mia sorella e in parte anche mia. Volevo sentirmi protetta e volevo dare gioia e forza anche a mia sorella, con la quale condividevo e condivido tuttora anche la nuova camera.»
«I punti cardiali di casa mia sono la cucina e la mia stanza, per lo più. La cucina è luogo che amo, specialmente quando pranzo con mio padre con il quale parlo davvero tanto o con il resto della famiglia. La camera invece perché è un luogo che vivo molto. Vorrei anche che il terrazzo fosse un mio punto cardinale, ma non credo che lo sia in realtà.»
7. Se dovessi scegliere un angolo , inteso come punto in cui due muri si incontrano, quale sceglieresti? Perché?
«Un angolo tra il
corridoio e la cucina. Quando ero in quarantena e ho cominciato a vedere la
casa ho fotografato quell’angolo. Non ho mai visto così tanta bellezza in un
angolo e la luce che batteva all’ora della foto era gentile e delicata. Come
una carezza.»